Giovanni leto antologia Home / Biografia
/ Bibliografia / Esposizioni
/ Antologia / Opere
/ Album / Contatti |
||
Sergio Troisi Giovanni Leto, quando il
pittore ha il gusto di lacerare la carta e
giocare con il colore |
||
Ormai da diversi anni
l’opera di Giovanni Leto segue un proprio filo di evoluzione coerente, che
partendo da una iniziale individuazione di materiali e di tecniche di
assemblaggio – le stoffe e la carta disposte in strisce entro l telaio dello
spazio del quadro – ha successivamente esplorato tutte le possibilità che si
andavano aprendo al gioco della simulazione e della mimesi della pittura.
Perché che sia la pittura il centro di gravitazione inevitabile di questa
ricerca è evidente: dalla scansione di orizzontali che costituiva i primi
“Orizzonti”, al gioco e al piacere insieme tattile e visivo di quelle strisce
addossate l’una all’altra sino talvolta a saturare la superficie di supporto,
all’equilibrio compositivo dei colori, che bilanciava con il nero o il bianco
del fondo i tocchi rossi, gialli, azzurri isolandoli nella campitura
monocroma della carta di giornale. E tuttavia quel
rimando allusivo alla pittura, quel simulare la pittura attraverso un
materiale povero ed extrapittorico, non contraddiceva al fondo l’intenzione
critica che Leto aveva mutato dai codici sperimentali degli anni Settanta:
perché alla nozione-feticcio di libertà nella stesura e nel gesto, all’idea
neoromantica di una immediatezza espressiva si sostituiva sempre il progetto,
il lavoro da artigiano paziente che costruiva l’immagine e l’oggetto come
altri intrecciano le strisce di vimini; e poi perché l’assunto
bidimensionale, vero e proprio cavallo di battaglia di quell’informale che
apparentemente sembra essere il riferimento pittorico più immediato di Leto,
veniva eluso dalla profondità reale del telaio e dall’evidenza materia e
tridimensionale della carta. Le ultime opere,
esposte ora alla galleria di Ezio Pagano a Bagheria (sino al 13 marzo)
segnano una ulteriore tappa di questo itinerario;dopo aver cercato di
eliminare ogni suggestione naturalistica variando la forma del supporto da
quadrato a triangolare o romboidale, Leto sviluppa una potenzialità delle sue
opere precedenti disponendo più liberamente nello spaio la materia di base
delle sue opere, o riducendole a forme elementari – una lunga stele verticale
-, e allontanandola così dalla forma tradizionale del quadro. E tuttavia
questa nuova interazione tra spazio e opera, questa diminuita valenza
pittorica dell’operazione non dissimula come il centro reale delle opere di
Leto sia comunque costituito sempre dal piacere tattile della manipolazione,
dal gusto di lacerare la carta, di screziarla, dal compiacimento di dosare
gli interventi di colore in una partitura elegante e sapientemente
ritmata; e non è casuale che, quando alla carta si sostituiscono o si
aggiungono altri materiali – come il piombo, o la cera – la loro
utilizzazione finisca sempre con il ribadire questo valore manuale e
percettivo insieme che è la nota più autentica di Leto. Non è a caso allora
che alcune delle opre più felici della mostra siano delle piccole vetrine
dove, sempre con il variare delle strisce di carta, questa idea di gioco
liberata da ogni preoccupazione assume la forma di un piccolo teatrino di
simulazione pittorica, ad incrocio tra variazione ironica e parodia, come
quando delle strisce serpentinate disposte liberamente sul fondo sembrano
riprendere e fare il verso a tutta una tendenza di ritorno degli ultimi anni,
quella centrata sull’idea di segno e di scrittura, demistificandola ed
esaltandone invece la componente ludica. Bibl.: Sergio Troisi,
Giovanni Leto, quando il pittore ha il gusto di lacerare la carta e giocare
con il colore, in Giornale di Sicilia, sabato 6 marzo 1993, Palermo |
Andamenti
umorali,
1991 Carta,
stoffa, legno, corda, acrilici, cm 120x130 Primordi, 1992 Carta
su tela, cm. 140x140 |
|